Vi presentiamo in questo volume tre poeti che
rappresentano un unicum nella poesia italiana, tre poeti sperimentali,
che più di tutti hanno cercato nuove vie per la poesia in Italia, cosa
rara nel nostro paese. Edorardo Sanguineti: Laborintus è infatti un
testo di riferimento centrale per lo sperimentalismo degli anni sessanta
soprattutto se confrontato con la poesia del suo tempo. Esso infatti si
presenta come qualcosa di nuovo che apre soluzioni linguistiche e
formali sconosciute a quella poesia che, nella seconda metà degli anni
cinquanta, dopo lo spegnersi del neorealismo si stava orientando verso
l’antinovecentismo introdotto all’interno della rivista “Officina”.
Sanguineti, nel programma della neoavanguardia, è figura centrale per il
suo poundismo, per i richiami psicoanalitici dei suoi testi, per il suo
plurilinguismo e per quel verso pronto a dilatarsi in “un recitativo
drammatico dove la soluzione metrica è rigorosamente atonale e, si
potrebbe dire, gestuale”, come scriveva Alfredo Giuliani.
La poesia di Laborintus sembra, con la sua accentuata disgregazione dei
linguaggi, rifarsi alle esperienze musicali di Luciano Berio o di John
Cage e, nell’ambito pittorico, all’informale Jackson Pollock, Jean
Fautrier o Mark Rothko. Latecnica dell’assemblage, utilizzata nella
poesia di Sanguineti, è presa dall’ambito pittorico e gli oggetti -
segni, tolti dallo spazio in cui erano collocati, acquistano
improvvisamente la loro piena autonomia, ingrandendosi a dismisura.
Adriano Spatola: un vero personaggio per la grande mole, il vitalismo,
il carattere irruento, la creatività, le doti di maieuta, è stato una
delle figure di maggior rilievo nella cultura letteraria italiana della
seconda parte del Novecento. La sua opera poetica e l’elaborazione del
suo progetto di poesia “totale”, lo portarono ad inserirsi con
autorevolezza nelle vicende delle avanguardie novecentesche, a ripensare
a certi assunti del surrealismo e del dadaismo, a partecipare
giovanissimo al Gruppo ‘63, giungendo infine alla concezione della
poesia come fatto artistico “visivo” , “gestuale”, “fonetico” oltre che
letterario. Lorenzo Calogero: Medico e poeta calabrese del novecento,
Leonardo Sinisgalli ebbe a dire nei suoi confronti:”Siamo, è chiaro, di
fronte a una poesia colta che, però, scarta il lusso intellettuale,
l’enciclopedia, la sublime futilità, si preclude la scoperta fortuita,
la generica. [...] Dietro le immagini c’è sicuramente un sistema, una
dottrina di cui sentiamo la suggestione. C’è un’idea dell’essere come
tremore, terrore, catena di eventi fulminei, rotti, casuali; il poeta
arriva a cogliere un soffio, una scintilla e a restituircene qualche
similitudine. Questa partecipazione, questa mediazione viene raggiunta
quasi a dispetto della sua coscienza: le sue parole distorte, i suoi
nessi incredibili, i suoi lapsus sembrano trascrizione di uno stato di
estasi”
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