venerdì 3 maggio 2013

Principessa Pel Di Topo di Jakob e Wilhem Grimm - Recensione

Era il dicembre del 1812 quando Jakob e Wilhelm Grimm davano alle stampe il primo volume delle Fiabe delFocolare.La raccolta, che contava allora 86 fiabe, era il frutto dell'ambizioso progetto - in seguito discusso, applaudito,biasimato e deriso, certamente analizzato dalla critica fin nei minimi dettagli – di recuperare una tradizioneorale e popolare che si voleva espressione di un ideale, puro spirito collettivo. Voce autentica di un Volk tedesco non corrotto né contaminato da erudizione alcuna.Appassionati di romanzi popolari e cortesi fin dall'adolescenza, ma indirizzati a studi di giurisprudenza e a una carriera nella pubblica amministrazione, durante il periodo universitario, i due fratelli erano entrati in contatto con l'illuminato professore di legge Friedrich Carl von Savigny e, attraverso di lui, con i letterati Achim von
Arnim e Clemens Brentano. Dal dialogo e dalla reciproca influenza di questi, aveva preso forma quel progetto di raccolta di canzoni,racconti, proverbi e leggende popolari, registrati a partire da testimonianze orali, dai ricordi che lo stesso Volk tedesco continuava a tramandare – testimonianze, in effetti, non così genuinamente popolari, né del tutto monde da una qualche istruzione, se è vero che furono raccolte per lo più da famiglie borghesi e aristocratiche o da più antiche raccolte scritte. Si trattasse o meno di un prodotto letterario rivoluzionario e distante dal temuto “orizzonte d'attesa”, di fatto quella prima edizione fu un fiasco: troppo scarne le fiabe, non abbastanza rifinite – o forse leziose - per catturare l'attenzione dei bambini, troppo pesante e indigesto l'apparato di note. Ne seguiranno altre sei, in un laborioso processo di labor limae, fatto di rimaneggiamenti, espunzioni e aggiunte che porterà nel 1857 alla raccolta definitiva, quella che tutti noi conosciamo per averla letta o ascoltata da piccoli, e che con la prima aveva ormai “relativamente poco a che vedere”. È però proprio a quel primo volume, silenzioso e inosservato, e al suo secondo tomo del 1815, che guarda oggi Jack Zipes, voce tra le più sapienti al mondo negli studi di germanistica e curatore per la casa editrice Donzelli di Principessa Pel di Topo e delle altre 41 fiabe da scoprire selezionate tra quelle tagliate, sostituite o modificate fino ad essere snaturate.Perché con tutti i limiti del caso - l'essere veicolata dai due letteratissimi filologi, la sua genesi promiscua da classi sociali, aree geografiche e fonti disparate - o forse proprio in virtù di questi, la prima edizione si presenta oggi, a detta dello studioso, come “una meravigliosa mescolanza di voci diverse e di fiabe trasmesse da contadini e artigiani, donne borghesi e aristocratici”.Una raccolta in cui, in mezzo a chiavi d'oro, scrigni, arcolai e oggetti fatati di ogni sorta, streghe, principesse e
principi tramutati in animali da malevole maledizioni, capita di incontrare una Raperonzolo che rimane incinta del suo principe azzurro. E accanto a lei, madri, e non matrigne, che cercano di sopraffare i propri figli, mentre astuti artigiani riescono a beffare non solo il diavolo, ma San Pietro in persona. Una raccolta, cioè, precedente all'autocensura cristiana e puritana operata dagli stessi Grimm nella strenua ricerca di una perfezione letteraria e fiabesca. Un'opera che mantiene toni più crudi e autentici perché non si rivolge a un pubblico di bambini, ma parla piuttosto al bisogno senza età di raccontare il mondo per aggredirlo e possederlo, di digerire una realtà esterna in continuo, destabilizzante cambiamento, un altro da sé che sempre si para davanti all'io nella sua ostile, ottusa estraneità. Come già avvertiva Jacob in una lettera a von Arnim del 1813: “Le fiabe per bambini sono mai state davvero concepite e inventate per i bambini? Io non lo credo affatto e non sottoscrivo il pensiero generale che si debba creare qualcosa di specifico appositamente per loro. Ciò che fa parte delle cognizioni e dei precetti tradizionali da tutti condivisi viene accettato da grandi e piccoli, e quello che i bambini non afferrano e che scivola via dalla loro mente, lo capiranno in seguito quando saranno pronti ad apprenderlo. È così che avviene con ogni vero insegnamento che innesca e illumina tutto ciò che era già presente e noto, a differenza dagli insegnamenti che richiedono l'apporto della legna e al contempo della fiamma.”



a cura di Roberta Stentella

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